Fu lapidale un critico efferato domandandoci, al debutto di "Arte e Critica", se si sentisse davvero il bisogno di un'altra rivista d'arte. Era l'inizio degli anni Novanta, a noi sembrava ci fosse la più pregnante urgenza di discutere alcune questioni nodali in seno all'arte contemporanea.
Una prima urgenza l'avevamo espressa fin dal titolo, "Arte e Critica", invocando la critica appunto (se lo avessimo pensato qualche anno dopo avremmo dovuto dire "Arte e Curatela") e non per interrogarci sul suo statuto ma semplicemente per rintracciarla nei luoghi in cui essa si esercita.
Una seconda urgenza la individuammo nei rapporti tra la produzione artistica e le istituzioni: l'Accademia, l'Università, gli Assessorati, i Musei, i Centri e le Gallerie civiche. Una terza urgenza ci appariva nella divisione tra il mondo accademico e il mondo dell'arte.
Un'altra nell'urgenza dei rapporti tra arte, collettività e ambiente, e nella mancata unità con l'architettura e il design. Un'altra ancora, nella dimensione formativa degli artisti. E ancora sul sistema dell'arte in Italia e nel mondo. Eravamo convinti, lo siamo ancora, che di ragioni per fare "Arte e Critica" ne avevamo tante. E dal momento che tali istanze sono ancora attive, continuiamo a rispondere a quella domanda con maggiore convincimento, alzando la soglia della nostra attenzione sulle politiche culturali in atto.
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